Il blog di Marta Zacchigna sulla Danza Contemporanea

DANZA E CONTROLLO • IMPARARE DAI MILLEPIEDI

“L’assenza di controllo non è debolezza, ma fiducia nell’ordine naturale delle cose.”
Lao Tze 

Il controllo come astrazione mentale

Il controllo è “un’azione diretta a disciplinare un’attività secondo particolari direttive o convenzioni”. Se trasferiamo questa definizione potremmo dire che il controllo è sostanzialmente quella capacità di muoverci dentro a delle regole prestabilite

Ovvero: se sappiamo che un passo si esegue tecnicamente in un certo modo voremmo poterlo compiere “alla perfezione” – secondo norma – e quindi riuscire a controllarlo in modo da essere certi, che sia esattamente “come deve essere”. 

Un esempio concreto: se salgo sulle punte dei piedi e cerco di mantenere l’equilibrio sto esercitando un controllo sulle parti: cerco di mantenere le caviglie in una certa posizione, contraggo i glutei, elevo la colonna e cerco di portare il mio assetto in quello che reputo un’ideale, cerco quindi di avvicinarmi ad un’astrazione mentale più che fare un’esperienza fisica concreta

Questo modo di interpretare il controllo può fermare la nostra evoluzione, bloccarci dentro a un paradigma rigido. 

Ma dove ci porta veramente il controllo? 

L’imposizione di compiere una determinata azione secondo una norma ci costringe ad un’allerta continua. Più che stare dentro al nostro sentire, siamo pre-occupati di ciò che stiamo eseguendo. L’idea di perdere il controllo faticosamente raggiunto può diventare quindi  dominante e alimentare la nostra paura di fallimento.

Applicare infatti un giudizio su noi stessi ci porta in uno stato di vigilanza costante che non facilita la fluidità di pensiero, intuizione e movimento. 

Inoltre può subentrare poi il confronto con gli altri, o comunque con dei modelli. Ecco allora che la postura diventa rigida, il respiro superficiale, l’attenzione all’esterno più che all’interno

L’aspetto interessante nella danza contemporanea è che il controllo viene vissuto in modo evolutivo e quindi cambia di significato per diventare uno strumento più che un risultato: il compito che viene dato nel controllo – o meglio nell’attenzione – diventa quindi fondamentale sì ma per stabilire dei processi.

Sentire che abbiamo il controllo su una postura, sulla contrazione di un  muscolo, sulla forza che la gravità esercita sui nostri volumi è molto importante e ci da un senso di sicurezza fondamentale per poter costruire ad esempio una sequenza ripetibile. Ma quello che conquistiamo i termini di controllo è per lo più un’acquisizione utile ad una sperimentazione che non ha per oggetto il controllo stesso, ma la naturalezza e il piacere del gesto. 

Se decido di rotolare al suolo, dovrò avere il controllo del mio peso, delle leve del mio corpo, della testa ma dovrò anche lasciare andare la preoccupazione di esattezza, altrimenti non mi sarà possibile procedere in modo dinamico.

A questo proposito illuminante è questa breve fiaba zen: 

“Un millepiedi aveva sempre camminato senza alcun problema per le sue terre. Un bel giorno passò di li una formica curiosa e chiese al millepiedi come potesse riuscire a camminare così bene senza cadere: con tanti piedi per lei era un miracolo che non inciampasse in qualche ostacolo. Molto turbato da questa idea, il millepiedi cominciò a prestare attenzione a dove metteva ogni zampina, e in breve tempo non riuscì più a camminare”.

Cosa ci insegna questo? Che a volte il movimento funzionale, si compie non tanto nel controllo quanto nella dimensione dell’intuizione corporea

Nella danza contemporanea che promuove il movimento informale il controllo corrisponde in qualche modo al compito fisico, alla regola che ci diamo per poter costruire un’esplorazione, ma è soprattutto nell’intuizione (fuori dal controllo) che il gesto prende forma e significato.

Il controllo nello stato di flusso 

Quando nella danza organizzo un movimento integrato e sincronizzato e inizio a muovere in un continuum il corpo esce in realtà da uno stato di vigilanza per abbracciare quella che chiamo l’avventura del movimento

Questa si compie con un margine di imprevedibilità e di novità fondamentale a dare ad ogni gesto un carattere interessante. 

Più che di controllo allora dovremmo parlare di consapevolezza che è quello stato diffuso in cui percepisco intuitivamente cosa sta accadendo nel corpo nella sua globalità, istante dopo istante

Se infatti il controllo si appoggia ad un’idea esterna e inarrivabile di “bello”, “giusto”, “corretto”, la consapevolezza è un’esperienza soggettiva che si basa più sulla sensazione del momento che non su un’esecuzione misurabile. 

Per molto tempo e forse ancora oggi si è attribuito maggior importanza al controllo che alla consapevolezza come se questo fosse l’indice supremo di eccellenza mentre quello che rende grande un danzatore è la padronanza del corpo e non il suo controllo. 

Per padronanza potremmo intendere quella facoltà di muoversi armoniosamente dentro e fuori dal controllo senza che quest’ultimo domini l’esecuzione del movimento

Il controllo in scena

Si crede che lo spettatore sia estasiato dalla maestria tecnica e dalla capacità che il danzatore ha di controllare il corpo, ma in realtà la danza è incaricata a muovere emozioni e sono proprio i momenti fuori dal controllo a rivelare l’aspetto più unico e spesso commovente di chi muove in scena

Nello sbilanciamento, nel piccolo errore tecnico, nella sbavatura, persino nella caduta, è lì che si gioca la qualità di un corpo che danza e che si offre al pubblico nella sua sublime imperfezione

L’unione con il pubblico durante uno spettacolo si dà laddove si manifesta – in tutta la sua umanità – quell’increspatura, quell’elemento unico e particolare che nasce e si rende evidente, necessariamente, fuori dal controllo.

Il danzatore professionista non è colui che non perde il controllo ma colui che sa gestire la sua perdita
e ci emoziona così tanto perché in quella perdita emerge qualcosa di unico, di inspiegabilmente intenso. Per dirla con Leonard Cohen: “è quella la crepa dalla quale entra la luce.”

In fondo, a ben pensarci, anche la nostra vita si muove costantemente su questo confine tra controllo e fuori controllo. Certo, il controllo è utile a dare un ordine alla nostra esistenza, ma non sono forse stati i momenti di sbilanciamento, fuori dal nostro asse di riferimento quelli più audaci e coraggiosi a condurci a qualcosa di indimenticabile? E non è, in ogni azione umana, proprio quel qualcosa che sfugge al controllo, alla descrizione, a rendere straordinari, poetici, irripetibili certi momenti?

Forse non possiamo (e non dobbiamo) rinunciare veramente al controllo, ma non possiamo rinunciare nemmeno a tutto quello che si sottrae ad esso, perché danzare è esattamente questo: perdersi per ritrovarsi, per perdersi di nuovo, per ritrovarsi ancora. 

Se vuoi provare una tecnica di danza che non è incentrata solo sul controllo ma che guarda al movimento in un’ottica informale puoi iscriverti alla lezione prova di Muovo quindi sono o iniziare un percorso individuale. Le lezioni si tengono in Dancing House. Per rimanere aggiornato anche su Facebook e sulla mia pagina Instagram dove puoi entrare direttamente in sala e guardare quello che facciamo!

firma di marta zacchigna

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Marta Zacchigna

Laureata Magistrale in Lettere e Filosofia (Dipartimento Arte Musica e Spettacolo) e Laureanda Magistrale in Filosofia, è Diplomata al Centro Internazionale Movimento e Danza di Milano. Lavora come danzatrice, e insegnante di danza contemporanea. È fondatrice del centro di ricerca Dancing House in Via del Monte 2 a Trieste. CONTATTI / marta@dancinghouse.it / +39 339 1952458

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