“Tornare al pavimento è come rincontrare un vecchio amico che ci riconosce al primo sguardo e che ci accoglie sempre e ancora, semplicemente, per come siamo, in quel momento.”
MZ
Il pavimento come partner
Non è possibile costruire un corpo che danza senza un lavoro profondo di esplorazione e di ricerca condotto a pavimento.
Questa superficie infatti è il primo partner con cui ogni danzatore si deve confrontare. Il suolo infatti è quel piano che ci salva dalla caduta al centro della terra, quella linea che contemporaneamente ci accoglie e ci invita a respingerci, il riferimento ultimo dal quale inizia ogni processo di salita, ogni intenzione gravitazionale e antigravitazionale.
Ma cosa ci permette di fare il floorwork e perché un danzatore ci lavora per tutta la vita?
- Fare esperienza del respiro da un assetto inedito
Al suolo il respiro viene percepito diversamente. La percezione del nostro respiro infatti si sposta in relazione ai movimenti che facciamo e sostiene il susseguirsi dei nostri gesti in modo molto più percepibile. - Acuire le nostre sensazioni percettive
Al suolo il nostro corpo diventa molto ricettivo. La superficie del pavimento restituisce informazioni più fini ed è possibile entrare con maggior facilità nel nostro universo sensoriale. - Fare esperienza della gravità pura
Quando ci distendiamo al suolo possiamo percepire chiaramente questa forza che agisce costantemente su di noi e che il danzatore può sfruttare a proprio vantaggio nella dinamica. - Prendere maggior consapevolezza delle parti
Dal momento che gran parte della nostra superficie è a contatto con il pavimento il floorwork ci permette di consapevolizzare le parti ovvero di uscire da quello schema corporeo che sente il corpo come una unità indifferenziata. Al suolo è molto più facile sentire che non siamo un unicum ma un sistema di parti che lavorano in modo integrato tra loro. - Approfondire le funzioni del corpo
Grazie al floorwork potremo sentire le funzioni delle parti grazie alle diverse organizzazioni motorie che si attivano. Scopriremo il ruolo dell’appoggio, della leva nella catena di movimento e capiremo che il movimento non accade tutto insieme ma che è piuttosto una “storia”, un’avventura che si genera in modo consequenziale nello spazio e nel tempo. - Esplorare le leve del corpo
Il floorwork ci spinge ad utilizzare le leve del corpo fondamentali per poter organizzare un movimento organico. Man mano che esploriamo le dinamiche al suolo ci rendiamo conto che gli appoggi sono necessari per poter nutrire il movimento. - Sentire il peso del nostro corpo e dei nostri volumi parziali
Il floorwork permette anche di percepire il nostro peso in modo diverso. Quando siamo in piedi o seduti – per la maggior parte della nostra giornata – sperimentato il peso solamente in quell’assetto. Quindi sentiamo il nostro corpo che pesa in modo integrale. Nel lavoro al suolo invece il rilascio progressivo del peso ci permette di sentire il peso delle singole parti del corpo e di muoverci assaporando la diversità dei nostri volumi. - Entrare nella spiralità
Ogni nostro movimento si attua dentro a determinate forze fisiche che fanno sì che ogni nostro movimento sia inscritto in una direzione spiroidale. Ogni volta che sperimentiamo un’elevazione o una caduta possiamo sentire chiaramente la direzione a spirale che coinvolge tutto il corpo. Il lavoro quindi di avvicinamento e allontanamento dal suolo è il modo per entrare profondamente nelle leggi che guidano la dinamica del corpo.
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